L’angoscia del pane

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Migranze
Pubblicato il 15 maggio 2012 da Redazione

Il lettore è obbligato a rinascere nella realtà di un’ispirazione che può venire da forme e volumi sproporzionati, dove i materiali finiti concretizzano momenti difficili per indicare un modo di sognare e segnarsi profondamente, mentre la poetessa continua imperterrita a interpretare figure di abbinamento a tema con l’unica virtù che le capita a tiro, la bellezza delle fisionomie per incidere come si vuole, che puntano alla sacralità. Si arriverà insieme, sfiniti, alla meraviglia delle condivisioni ch’è la parola quando quest’ultima sorvola una creatività estesa, con la corposità dei significati socio/sentimentali a pretendere la massima disponibilità e visibilità. L’insolito torna fiabesco al bene di una descrizione, lungi dal fortuito. La Dall’Olio s’imbatte nel suo essere selvaggio, geniale per rifiorire in un patrimonio che si rispetti, letteralmente classico, e al tempo della natura, incontrovertibile, incita al viaggio nella giustizia silente (ancora utile?).

Vincenzo Calò

In dieci lampi, con quel cipiglio che sedusse e ferì inneggiando all’estetica e alla purezza della guerra, con lo stesso impeto e fervore che contamina d’emozione grafica l’espressione poetica, scelta davvero geniale, la poetessa Anna Maria Dall’Olio con le stesse armi del Futurismo ne addita, ne sconfessa, ne accusa e ne condanna l’ideologia. Fuori tempo? No: che sia sorta l’alba della pace è un inganno. Con arte elettrica e consapevolezza dura.

Giuseppe Campolo

Le liriche di Anna Maria Dall’Olio, hanno voce, corpo, emozione, non conoscono retorica e vanno dritte al cuore. Dieci poesie che denunciano, additano, segnalano il prodotto peggiore che l’esser umano possa produrre: le guerre, il razzismo, lo sfruttamento, le ingiustizie, elementi che irrorano la terra di sangue e dolore. L’autrice usa una semantica ricca di figure retoriche che danno il senso e l’idea di quel pugno sul tavolo che la nostra poetessa simbolicamente batte in una sorta di denuncia espressa in versi altamente significativi. Un urlo d’attenzione, un monito all’uomo che spesso mortifica la vita stessa e il suo cammino attraverso azioni che si ritorcono verso un’intera umanità. Nella poetica di Anna Maria Dall’Olio, non troveremo false ipocrisie, immagini classiche, o incantesimi di vita, ella si sofferma sull’essenza che realmente ci circonda, un mondo che non è tutto rose e fiori, gentilezze e perbenismo, anzi ella sottolinea quei fatti, quelle circostanze create dall’essere umano nelle peggiori sue invenzioni che portano dolore, distruzione e sofferenza. L’uomo che si trasforma in belva distruttrice. Un haiku che nel suo breve canto, riesce ad esprimere quell’immaginazione che rispecchia un quadro nitido di senso e di colore. Lo stridere voluto del rumore che tre minuti di guerra possono produrre, il silenzio che resta in quel verde prato dove spiccano tre fiori rossi, frutto di quella natura che vive comunque e dona sempre a prescindere dal male che l’uomo crea. Una poetessa che dai suoi versi è promotrice di pace e di denuncia, poesie che nel movimento della parola diventano “spari” di riflessione, “pugnalate” di pensieri, portando il lettore all’attenta valutazione di un verbo che non vuole essere solo poesia, ma di monito ai nostri errori, ai nostri razzismi, alle nostre violenze. Dieci poesie che ci portano a riflettere di quanto spesso siamo indifferenti spettatori di un malessere che circonda il nostro vivere quotidiano. Dieci canti, dieci denunce, dieci moniti per dire basta all’egoismo umano!

Marzia Carocci (critico recensionista letterario/autrice)

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